Capitolo trentuno – Verrai a trovarmi d’Inverno
Un anno fa, durante il salone del libro di Torino 2015 accadde un fatto, Hacca Edizioni, una casa editrice che non fa parte delle cosidette major, venne derubata di tutto l’incasso fatto in quei giorni.
La risposta delle piccole e medie case editrici presenti in salone fu immediata: una gara di solidarietà per Hacca Edizioni, #tuttiperHacca (con il quale si invitava a comprare un libro della casa editrice) l’ashtag dell’iniziativa era questo qui, se ne parlava ovunque, io venni a saperlo tramite il post su twitter di Einaudi.
Trovai assurdo quello che era capitato ai ragazzi di Hacca Edizioni, tanto più dopo i miei mesi di stage alla Navarra Editore, dove avevo imparato quanto il Salone del Libro costi ad una casa editrice.
Ricordo che ero davvero arrabbiata, cose del genere semplicemente non dovrebbero accadere, nessuno dovrebbe essere derubato di niente, tanto più alle fiere.Mentre adesso cercavo un po’ su Twitter quel post di Einaudi, tramite l’ashtag #tuttiperHacca ho avuto modo di vedere come da un evento quanto mai negativo è scaturito qualcosa di bellissimo, nelle settimane seguenti al furto, in molti si sono uniti partecipando alla gara di solidarietà in favore della casa editriche marchigiana e ad un anno di distanza vedere quanti post, foto e commenti sono stati fatti è bello. La piccola e media editoria non è qualcosa di isolato e schiacciato dalle grandi, assolutamente, è un settore compatto, una grande ed enorme famiglia e questo è bello, sa di speranza e di buone cose e vedere tutti quei libri Hacca Edizioni in giro per il web seguiti dall’ashtag è stato altrettanto bello.
Ed è in questo piccolo angolo di solidarietà e cose buone che è venuto fuori “Verrai a trovarmi d’inverno”, di Cristina Alicata, l’ho comprato perché volevo dare il mio contributo e tra le altre cose più volte durante le varie edizioni della marina di libri, avevo buttato l’occhio sui loro libri ed ero tentata, questa è stata l’occasione migliore per poterne approfittare, finalmente.
E posso dirlo con serenità, mai acquisto fu migliore di questo.
Le copertine, l’impaginazione, la carta (sapete che stampano con carta riciclata aderendo ad una iniziativa di Greenpeace? Trovate il link qui:Greenpeace – scrittori per le foreste) non mi ero mai resa conto quanto la carta riciclata potesse essere bellissima e fantastica al tocco tanto più su un libro.
La storia è… qualcosa di meraviglioso, vi riporto la sinossi qui: Elena, giovane chirurgo ortopedico, che in seguito ad un incidente motociclistico decide di trascorrere la convalescenza a Pantelleria, in pieno inverno. Qui conosce Liz, fisioterapista transessuale in attesa di cambiare sesso, e Gina, meccanico, che ha paura d’amare. Nel limbo spazio-temporale proprio delle Isole, le due donne l’aiuteranno a ricostruire le dinamiche dell’urto, sentimentale prima che fisico. Di pari passo al riaffiorare dei ricordi, remoti e recenti, anche la realtà muterà i suoi connotati, fino a svelare vite segrete e intrecci imprevedibili: Aldo, padre di Elena, non risparmierà sorprendenti rivelazioni su un passato, che brucia ancora, portando con sé le ciniche conseguenze di sogni infranti. “Verrai a trovarmi d’inverno” è un doppio viaggio: alla scoperta di un’isola e della capacità di parlare di se stessi, aprendosi agli altri.
La copertina cattura, con quel volto di Biancaneve che non c’è, come se fosse stato tolto lasciando il vuoto, non cancellato, asportato,la sinossi altrettanto. Il contenuto… vi dico che l’ho letto in due giorni, anzi l’ho divorato. Lo stile dell’Alicata è fluido, spontaneo rampante e ruvido ma di una ruvidezza che sa di tenerezza, mi ricorda tanto nel libro il gesto di Liz, di accarezzare la testa di Elena con la sua manona.
Verrai a trovarmi di inverno è un libro che guarisce, come una sorta di balsamo su delle ferite o sulle scottarure del sole estivo. In qualche modo ti ripaga di quello che ti manca, come se conoscesse il tuo piccolo vuoto e lo colmasse senza saperlo. Trovo infatti, che questo libro sia parecchio empatico, non so nemmeno come faccia, ma lo fa. E’ un libro vivo, che ti fa ridere, sognare, piangere, è tutto e niente e non lo so, poi Pantelleria, i racconti su Armani e sui Panteschi, sui Dammusi e sulle rocce, mi è rimasto nel cuore.
Tanto più quando ho capito che voleva dire il titolo.
Lo dicono i panteschi, perché tutti tornano d’estate, quando il tempo è bello e tutto è bello, nessuno passa da Pantelleria in inverno, perché tira vento, il mare è arrabbiato e non cresce niente in quella terra che non è Europa, ma più Africa. Pantelleria ti rifiuta sei tu che l’accetti e se lo fai, lei ti culla e ti protegge. Mi è venuta voglia di vederla, Pantelleria dopo questo libro.
E poi ci sono quelle due pagine che mi son entrate direttamente nell’anima, in ordine contrario a come sono apparse ma l’hanno fatto.
Qui, qui è come se fossi stata ripagata di molte cose.
Del fatto che, alla mia veneranda età (li sento i fischi, li sento) questo sogno de la casa, il marito il figlio e il cane non esiste, che non sono riuscita a tramutare le relazioni in questo quadro perfetto della mulino bianco. Non ci sono riuscita, volevo, lo desideravo, ma appunto dall’altra parte non c’era il medesimo desiderio, ma questo non vuol dire che io non sia stata amata e che non sia stato amore, che in ogni forma quelle relazioni, qualcosa non siano state. E tutto ha più senso se ripenso alla frase del Babbo di Elena:
“Mi dispiace averti fatto pensare che la vita fosse una cena al ristorante, ordini dal menù e vieni servita. Purtroppo, bambina, non è così che funziona. Mi dispiace avertelo fatto credere.”
La vita è proprio così, non è perfetta come una cena nel tuo ristorante di fiducia, è quello che viene, è quello che trovi, è necessità che si fa virtù.
Elena questo alla fine lo capisce, molto alla fine ma lo capisce e guarisce, guarisce da ogni sua ferita e da ogni male, portandosi dietro tutto l’amore conquistato in quell’isola che è più Africa che Europa.
E’ un libro che consiglio per un solo motivo: a te che ti senti fuori posto, fuori rotta e sbagliato, a te che il tempo sembra rubato e mai abbastanza, a te che non hai ancora avuto il tuo lieto fine… non vuol dire che sei sbagliato, che non meriti amore, o che non sei amato. Sei amato, sei più che giusto per questo mondo e il tuo posto… il tuo posto è esattamente dove il tuo cuore ti dice che sia, nel luogo che ami e in cui ti senti al sicuro, in quel luogo che ti manca quando sei lontano. Quella è casa, quello è amore, quello è tutto.