Capitolo Tredici – Mangia Prega Ama

E capita che, dopo una domenica splendida, una di quelle che ti riempiono di gioia, ti torni alla mente un vecchio film, uno di quelli che hai visto mesi fa.

Ricordo di aver visto mangia prega ama sotto consiglio di un’amica a cui avevo chiesto cosa potessi vedere di speciale per iniziare bene questo 2015, avevo bisogno di qualcosa di significativo, che mi lasciasse un segno, che mi facesse riflettere.

Ed eccolo là, quel film di cui avevo sentito parlare tante volte ma che mi ero sempre rifiutata di vedere.

Troppo scettica, troppi pregiudizi e sì anche una pessima recensione letta non mi ricordo dove.

Però un’occasione ho voluto darla a questo film, ho fatto bene.

Rachel è una scrittrice in crisi, tutta la sua vita è caduta a pezzi e non ha certezza di nulla, deve ricominciare da zero.Decide di ricominciare da zero proprio da una delle sue più grandi passioni: viaggiare.E così inizia il suo viaggio, un viaggio che va per tappe e tu la segui tappa dopo tappa, e sinceramente finisci anche con il gustartelo quel film, man mano che avanza la storia. Mi è piaciuto questo, la storia è cibo per l’anima.

Ho come l’idea che il senso di questo film sia veramente imparare a vivere, quei tre verbi nel titolo: mangiare, pregare, amare, sono infondo il paradigma di una vita semplice e felice. Tre cose fondamentali, tre pilastri fondamentali.

La prima tappa è dallo sciamano, lui colpisce per le parole che dice a Rachel: Non troppo Dio, non troppo Io. Perchè altrimenti vita pazza, tu perdi equilibrio, tu perdi potere.

Ed è uno sfacelo a mio parere, se si è troppo alla fine si finisce con l’essere una persona senza un senso, una direzione, un perchè e se non vi è logica in noi stessi come possiamo solo pensare di aver logica intorno? Impossibile direi.

Qui tra le altre cose mi viene in mente la filosofia di Aristotele che ha sempre predicato la convinzione che la virtù sta nel mezzo, la via giusta è quella che sta in mezzo, il punto d’incontro, intersezioni fra le parti. L’incontro fra le parti.

L’equilibrio è basilare per poter pensare di essere felici.

In effetti se manchiamo di equilibrio cadiamo, se cadiamo di sicuro non proviamo piacere ma dolore. 

L’equilibrio ci mantiene in piedi e al nostro posto, sulla nostra via.

Il viaggio di Rachel continua in Italia, il luogo dove la semplicità è un’arte e la gioia di vivere gli italiani ce l’hanno nel sangue e non solo nel cuore.

Non sto qui certo a vantarmi, ma se c’è un popolo a cui il sorriso non manca mai, è quello italiano.

Un sorriso dalle mille sfumature ma sicuramente un sorriso.

Abbiamo il buon cibo, ma conosciamo tanti altri segreti per cui la vita è una passeggiata felice anche se piove a dirotto!

Non esiste buon cibo senza del buon vino, i pranzi di festa sono innaffiati dal buon vino che la nostra terra ci regala e più di un amico forse, più di noi stessi, il vino è quello che si può considerare Lo Psicologo per eccellenza: ti consola, ti rende allegro e libero dai tuoi problemi e ovviamente come ogni bravo terapista, finisce con il darti una botta epica alla fine, il conto è sempre salato che siano emicranie o soldi. Ma il suo lavoro lo fa bene.

E dunque nel viaggio di Rachel l’Italia si posiziona come il luogo dove imparare a Mangiare, ma il cibo è solo una delle vie possibili, l’italiano lavora e dopo il lavoro il pranzo o la cena vengono seguiti dall’ozio.

«Noi siamo i maestri del dolce far niente
E’ una bella espressione «la dolcezza del far niente». La cosa strana è questa: gli italiani sono sempre stati, per tradizione, grandi lavoratori, ma insieme a questa immagine di fatica in Italia c’è sempre stato anche l’ideale del dolce far niente. La bellezza del dolce far niente è lo scopo per cui si lavora, la conquista che riscuoterà l’ammirazione generale. Quanto più è raffinato e piacevole il tuo far niente, tanto maggiore è la tua realizzazione. L’italiano ha anche un’altra bellissima espressione: l’arte di arrangiarsi – l’arte di trarre qualche cosa dal niente. Trasformare pochi, semplici ingredienti in un banchetto o la presenza di qualche amico in una festa. Chiunque abbia il genio della felicità può riuscirci, non solo i ricchi.

Lavorare come muli non basta affatto, bisogna anche riposare, altrimenti come ci godiamo quello che abbiamo guadagnato? Il lavoro non è l’unica via.

Il cibo è tanto importante da finir con l’instaurare una sorta di rapporto privilegiato, il cibo è amore prima di ogni cosa, amore verso se stessi, se mangiamo bene e sano, vuol dire solo una cosa: ci amiamo. Se cuciniamo per qualcuno vuol dire solo una cosa: che amiamo quella persona tanto da volercene prendere cura provvedendo a sfamarlo. 

Il buon cibo non è segno di una vita fuori dalle regole, ma è segno di profondo amore verso di sè e verso gli altri.

Il punto è che il nostro paese, con tutta la storia che si porta dietro e che ha alle spalle, è anche un luogo che alla fine, vuoi o non vuoi, ti induce a riflettere, cioè per dire, finisci con il riflettere anche davanti ad un piatto di pasta al sugo se tanto tanto gira male la giornata. Popoli e popoli si sono susseguiti lasciando sulla terra un segno del loro passaggio, e quel passaggio vuoi o non vuoi ha decretato il cambiamento e il miglioramento di quel che eravamo. Cambiare non è facile, lasciare il sicuro per l’ignoto penso faccia paura a tutti alla fine, ma che vita può esserci in un cumulo di macerie? Bisogna ricostruire per ricominciare e per vivere. E da questa logica per quante bugie ci vogliamo raccontare non scappiamo. Non si può e basta. E allora è solo il caso non di rassegnarsi ma di prendere atto della distruzione di cui siamo stati oggetti, prenderne atto, accettarla e comprendere che è stata la cosa giusta, che senza quel dolore non ci sarà il futuro.Le rovine sono un dono, è vero, perchè è solo dalle macerie che ricostruiamo, è basandoci sul passato che diventiamo ciò che siamo oggi.

Forse la mia vita non è stata così caotica, è il mondo che lo è, e la sola vera trappola è restare attaccati a ogni cosa.

Le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione.

Anche in questa città eterna l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo essere sempre preparati ad ondate infinite di trasformazioni.

Mi piace pensare che l’idea di pregare_amare sia interconnessa, nel senso che pregare significa amare e amare significa pregare, non so esattamente perchè la vedo in questo modo, sarà perchè ormai nella mia testa Dio si figura come un essere d’amore, che dà e riceve amore. Se ami preghi e se preghi, ami. E’ tutto qui alla fin fine. Dio forse è uno di quei pochi esseri che ci ama per quello che siamo, in qualunque forma, su qualunque via ci troviamo, il suo amore è decisamente infinito, ama l’uomo così com’è, nei suoi pregi e nei suoi difetti, nelle sue scelte giuste e nelle sue scelte sbagliate, alla fine essere umano è questo: non essere un individuo perfetto, ma un individuo imperfetto. E bisogna accettarsi per quello che si è, umani ossia esseri imperfetti ma perfetti nella propria imperfezione.

E’ un gioco di parole assurdo, forse più uno sciogli lingua ma a rifletterci un pò il concetto fila.

Pregando insomma porti Dio nella tua vita e lui che fa? La riempie. L’universo insieme a lui si getta dentro e la colora di nuovo. E questa non è una filosofia solo cristiana ad esempio, vale per molte religioni. Dio può avere mille nomi diversi la il suo compito, la sua funzione, il suo modo di essere non cambia.

Ma devi capire questo: se sgomberi lo spazio mentale che stai dedicando al pensiero ossessivo di quest’uomo, otterrai un vuoto – una possibile apertura. E indovina che cosa farà l’universo quando troverà quell’apertura? Ci si precipiterà dentro – Dio si precipiterà dentro e ti riempirà di più amore di quanto avresti mai potuto sognare.

Dio è importante, secondo molti poi la preghiera innalza, guarisce, rende migliori e sinceramente io sono d’accordo con questa visione, ma subito dopo Dio, vieni tu e la prima persona che si deve amare più di tutti sei tu stessa. Più degli altri, più di chiunque altro.

Solo che tutto questo sinceramente non può avere un inizio e una fine, un viaggio come questo, quando si parla di costruire se stessi seguendo questi tre pilastri su cui si basa la storia di Rachel, non è certo un viaggio che inizia e finisce.

Bisogna continuare a fare tutto, a ripetere ogni cosa ogni giorno per tutta la vita,sopratutto quando si è felici, perchè l’oscurità può sempre tornare e da un lato, giusto per concludere in maniera positiva, continuando a muoverci su questa strada finiremo con il costruire altra felicità, altre cose positive e meravigliose. E insomma, alla fine anche lo sforzo che abbiamo fatto fin’ora spingendoci oltre, in questo viaggio, vale solo se continuiamo,solo così ha un senso.

La felicità è il risultato di uno sforzo individuale. Si combatte per ottenerla, si lotta per lei, la si difende e qualche volta si parte per un viaggio intorno al mondo per cercarla. Bisogna partecipare senza sosta alle manifestazioni della propria beatitudine. E quando si è raggiunta la felicità, non si deve mai perdere la volontà di mantenerla, si deve compiere un potente sforzo per continuare a nuotare sulla cresta dell’onda. Altrimenti si vedrà la gioia sfumare. E’ facile pregare quando si è angosciati, è più difficile continuare a farlo quando la crisi è passata, e aiutare la propria anima a tenere stretti i buoni risultati ottenuti.